Museo Andrich, la storia

Museo Andrich, la storia

Museo Andrich

Un bel articolo della giornalista Silvia Zanardi dal titolo La Casa dell’arte il cuore di Torcello del 22.01.15 pubblicato su La Nuova Venezia, La Tribuna di Treviso, Il Mattino di Padova e il Corriere delle Alpi

Vivere lì, dove l’autunno ingiallisce le foglie e imbrunisce la salicornia. Dove l’inverno è pungente, e la primavera è una promessa. Se si prova ad ascoltarlo remando fra le barene, anche il silenzio sembra avere una voce, quella comprensibile ai soli dieci abitanti di Torcello. Paolo Andrich vive su quest’isola da agricoltore. Una decina di anni fa ha deciso di cambiare vita e stabilirsi qui per coltivare carciofi violetti e attendere i frutti di giuggioli, castagni, lecci, pini e noccioli che sotto il battito d’ali dei fenicotteri e degli aironi ricordano di santificare la lentezza.

Chi arriva da fuori spalanca gli occhi di fronte al meraviglioso universo lagunare amato da Hemingway, specialmente nel periodo in cui alloggiò alla locanda Cipriani per scrivere “Di là dal fiume e tra gli alberi”. “Casa Andrich” è facile da raggiungere: si scende con il vaporetto alla fermata di Torcello e dopo pochi passi una freccia invita a girare a sinistra e imboccare un sentiero incolto. Molti ci finiscono per caso, leggono il cartello “visita guidata, 12 euro”, suonano il campanello e Andrich arriva con Wagner, il cane corso con gli occhi verdi. «Da qui si capisce com’è nata Venezia, si riesce a immaginare come fosse il centro storico senza i palazzi».

Paolo Andrich inizia le visite guidate accompagnando i turisti sulla collinetta verde del suo giardino, dove si apre il grande teatro della laguna veneta. «Velma, barena e isola: i tre livelli della laguna emergono e scompaiono con le maree e sono le fondamenta di Venezia e delle isole che ci circondano». È un pianificatore urbanista, è nato in Svizzera, a Biel Bienne, è bilingue italiano e francese, parla bene l’inglese, per lavoro ha vissuto in Francia, ha girato il mondo e per chi lo ascolta recitare le liriche di Andrea Zanzotto è un attore mancato.

Nel 2003, alla scomparsa di suo zio, l’artista Lucio Andrich, ha mollato tutto ed è venuto a vivere a Torcello, sull’isola che lo zio e la moglie Clementina De Luca, mancata nel 1982, avevano scelto per dedicarsi all’arte. Nella casa in cui Paolo veniva da bambino, e in cui oggi vive come erede dell’artista, ci sono scatole piene di vecchie fotografie dove spuntano cornici appese ai fili da bucato, sculture appoggiate agli alberi, dipinti che prendono forma fra ulivi secolari e tavolate di studenti.

Lucio Andrich, originario di Agordo, è stato docente di mosaico all’Accademia di Belle Arti e poi scultore, pittore, incisore, artigiano del vetro e autore delle oltre 1300 opere cullate dalle barene e servite da ispirazione a Clementina che per anni, immersa nel verde e nel silenzio di Torcello, ha ricamato sulla seta le opere del marito. Ora il ricco tesoro di queste opere nate fra il sole, il vento e l’imprevedibilità delle maree, è custodito dal nipote, che da urbanista è diventato agricoltore e ha trasformato Casa Andrich in una fattoria didattica, dove accanto alla fioritura del carciofo violetto, tanto apprezzato dai turisti, si riconosce il lungo e intenso lavoro di un artista che Venezia ha amato.

La sua è una vera casa d’artista, dove i bicchieri hanno il fondo in rame decorato, le pareti delle stanze sono coperte di arazzi e il camino è il campo di battaglia di un esercito di soldati di legno. Ci sono valigie cariche di sete ricamate e le incisioni di Lucio Andrich destinate a illustrare un libro del poeta Ezra Pound, morto troppo presto per poterle ritirare. I turisti che entrano qui assaggiano la vita di uno dei dieci abitanti di Torcello, l’unico agricoltore rimasto sull’isola e uno dei protagonisti del documentario “Habitat”, che tre giovani registi veneziani gireranno nell’arco di un anno.

Andrea Baesso, Christian Palazzo e Gianmaria Spavento hanno deciso di dedicare a Torcello un documentario che, nell’arco di un anno, racconti la vita quotidiana dei dieci abitanti dell’isola. Il film-documentario – definito cross-mediale per il suo utilizzo di diversi strumenti di comunicazione e di divulgazione dell’immagine – si intitola “Habitat ‪#‎Torcello‬” e per portare a termine il progetto, i tre registi veneziani hanno fondato la società Flamingo Artmedia.

Per il momento, la realizzazione di “Habitat” conta solo su finanziamenti privati raccolti attraverso una campagna di crowdfunding diffusa sulla piattaforma “Eppela”, il progetto è raccogliere 20 mila euro per poter completare il lavoro nell’arco dei dodici mesi.

Nel trailer di “Habitat”, Andrich spiega con una frase perché ha deciso di vivere qui: «È il più bel posto al mondo». Le sue giornate scorrono fra progetti, planimetrie e richieste di autorizzazioni che si alternano alle infornate di carne e verdure che prepara per i visitatori che si fermano a cena: «Vorrei che questo posto diventasse il museo dell’opera di mio zio, immerso nella natura lagunare che lo ha ispirato», racconta. «Il progetto è pronto da anni, ma bloccato da lungaggini burocratiche e rimpalli di autorizzazioni fra il Patrimonio di Venezia, il demanio e il Magistrato alle acque.

Vorrei affiancarlo alla proposta di organizzare qui una Biennale del paesaggio ma gli iter pubblici legati allo sblocco delle concessioni mi fanno attendere». Una cosa è certa: «Da qui non mi muovo e le mie porte sono aperte per chiunque desideri conoscere Torcello entrando nella casa di Lucio Andrich”. Forse l’unica, in questa piccola isola, da cui il campanile di Santa Maria Assunta sembra quasi lontano.

Dopo la prematura ed improvvisa scomparsa di Paolo Andrich a luglio 2021, è ora Andrea Reggianini a portare avanti con passione e dedizione il messaggio culturale ed artistico di Lucio Andrich.

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